La prossima tappa importante sarà quella del 17 marzo, quando in sede di Commissione europea il passaporto vaccinale, o Green pass digitale come è stato ribattezzato, potrebbe avere il primo importante via libera. Segnando una data storica, a poco più di un anno dall’inizio della pandemia, per porre le basi per la ripresa dei viaggi.
Si è allargato negli ultimi giorni il fronte dei Paesi Ue favorevoli allo sblocco del documento che aiuterebbe a garantire lo spostamento tra Paesi con un più alto tasso di sicurezza, anche se la strada non appare ancora tutta in discesa. Al di là della fronda ancora esistente di un numero di contrari, c’è ancora da affrontare un lungo iter burocratico e per far sì che il passaporto possa veramente vedere la luce ci potrebbero volere ancora tre mesi. Senza dimenticare poi la ricezione da parte delle singole entità della Ue.Validità internazionale
Tra i nodi da sciogliere, che verranno però affrontati in parallelo all’iter burocratico, che ne sono due che avranno una rilevanza fondamentale. Il primo, si legge su Il Sole 24 Ore, riguarda la necessità che il Green pass venga riconosciuto anche al di fuori dell’Unione europea affinché la sua validità ed efficacia non diventi sterile. E per ovviare a questo limite sarebbero già stati avviati i confronti con Oms, Ocse e Iata.
Il nodo della privacy
La seconda questione appare invece maggiormente delicata ed è quella legata alla protezione della privacy dei cittadini. Da affrontare e risolvere in sede legale ci saranno tutti i cavilli inerenti al tipo di informazioni personali che saranno contenuti nel passaporto. Quello che sarà fondamentale sarà trovare il massimo equilibrio tra l’interesse di tutti a riattivare la macchina dei viaggi e con essi favorire la ripresa dell’economia senza con questo ledere al diritto della privacy.